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Chiesa S. Maria Assunta - Dambel

NOTIZIE STORICHE

 

Il paese di Dambel giace nel mezzo della valle , sulla sponda sinistra del

torrente Novella, in parte arrampicato sul Doss dei Sadorni. E’ questa

un’altura dalla forma  tipica di castelliere a picco sul torrente con pareti

di marne del Cretaceo. Il   nome deriva dalla tradizione che vi sorgesse

un tempio dedicato al dio Saturno. Prima dell’avvento del Cristianesimo

era la divinità principale delle nostre valli e  le memorie sono numerose

ma, secondo l’archeologo Carlo Atz, a Dambel vi era il più grande tempio

della valle; sarebbe stato di origine etrusca, come dedotto dalle figure

dipinte sui ruderi trovati. A detta di numerosi studiosi (Inama, Brentari,

Loss, Campi, Atz) la parte centrale della chiesa altro non è che l’antico

tempio saturnino, trasformato in chiesa cristiana e successivamente

ampliato e rimaneggiato.
La prima menzione della chiesa, parrocchia ab  immemorabili,  risale

al 1242, e nomina il primo pievano passato alle cronache: “Isenhardus

Plebanus de Ambulo de Anaunia et Vicarius de Caldario”. 

Non si conosce l’origine del nome Ambulo, pare risalire a qualche lingua

preromana poiché nel  latino  non vi si trova spiegazione. Il passaggio a

Dambel è facilmente riconducibile all’unione della preposizione da o de

al nome del paese e alla successiva contrazione.
Quella di Dambel era probabilmente la pieve più piccola della valle poiché

non aveva sotto di sé nessuna curazia ma la distanza da Sarnonico, Romeno

o Sanzeno era eccessiva per  sottoporla ad una di queste pievi maggiori.
Nell’elenco delle tasse dovute da ognuna delle ventitre pievi della Val di Non

al Vescovo e al Capitolo di Trento del 1309 troviamo  “ecclesiae S.Mariae de

Amblo” tassata per la minima cifra di 3 marche e pure nel Concilio diocesano

del 1336 essa era appellata come Plebs Sanctae Mariae de Ambulo.
L’attuale edificio è di struttura gotica , con tetto molto ripido a due spioventi

ricoperti di tegole. Sulle date dei vari ampliamenti vi sono indicazione

discordi: il Brentari  porta il 1570 per il prolungamento nella parte anteriore,

coll’aggiunta dell’atrio, vista anche la data riportata sopra la porta laterale, il 1570 appunto. Secondo don Franch in occasione della consacrazione del 1451 vi era solo la parte di mezzo; il presbiterio è circa del 1520 ed il prolungamento della navata del1 1772. Il Gorfer parla dell’ampliamento cinquecentesco con portale rinascimentale del 1570. Accenna appena l’Inama dicendo “la parte anteriore e, probabilmente, anche l’abside, furono aggiunte nel 1520. Più precisamente nel Leonardi leggiamo che il presbiterio venne aggiunto tra il 1433 ed il 1520 (data sull’altare e stemma dei Rolandini sulla volta) mentre la parte anteriore, postuma, è datata fra il 1537 e il 1570 (data architrave portale e Atti Visitali). Dato quest’ultimo confermato da don Weber secondo il quale i visitatori nel 1537 commendarunt hominibus fabricam ipsius ecclesiae ut ea prosequantur et finiant   e poi cingano di muro il cimitero, poiché la chiesa era cadente ed angusta.
Leonardi: la sagrestia coesisteva forse con la chiesa primitiva, la volta ed  il materiale da costruzione si richiamano a quello del presbiterio e della parte centrale della chiesa.
Gli Atti Visitali del 1616 prescrivevano di spostare il fonte battesimale nella parte inferiore a sinistra dell’entrata. Fu restaurata nel 1791, mentre nel 1831 venne rifatto il tetto; ma già pochi anni dopo, nel 1838, parte del tetto era fradicia ed occorse rifarla. Nel 1857 il parroco don Giuseppe Moncher considerava necessario un ulteriore ampliamento della chiesa ma nonostante il progetto del geom. Brugnara di Cles, preventivo e perorazioni, ottenne dal Capocomune solo la delibera per l’imbiancatura.  Del 1912 un nuovo restauro a mano della ditta Vittorio Chierzi di Tuenno che rinnovò gli intonaci interni ed esterni, rifece il pavimento della sagrestia, il presbiterio(?) e aprì un foro nella volta per la ventilazione. Alla spese concorse, per un terzo, lo Stato. Quello stesso anno il pittore L. Bernhard di Campitello dipinse l’interno. Gli ultimi lavori risalgono al 1957: su proposta del parroco don Pio Pedrotti  si predispose uno scavo esterno per lo scolo della acque ed eliminare l’umidità eccessiva dalla chiesa, si rifecero gli intonaci interni e della facciata, si rinnovò l’impianto elettrico, le vecchie vetrate furono sostituite da nuove colorate ed istoriate e tutto l’interno venne tinteggiato di “grigio – caldo” come consigliato dalla Sovrintendenza alla Belle Arti.  
La chiesa si presenta con una facciata principale molto semplice a timpano acutissimo con il portale rinascimentale protetto da un tettuccio.
L’interno attuale è a una navata  a due campate divise da un arcone a sesto acuto. L’abside è a reticolato mentre la volta della navata, senza nervature, presenta vari disegni geometrici per mezzo di leggeri rilievi. 
La parte centrale forma un quadrato perfetto di m 8,09 di lato che secondo l’Atz  era un tempio di origine retica , costruito su quattro pilastri portanti quattro arcate. Il Loss (La valle di Non , pag. 53 e sgg.) spiega: “ la parte di mezzo è un edificio rettangolare di 8 metri di lato; quattro pilastri quadrati sostengono ai lati quattro arcate a tutto sesto, di cui ora le laterali murate e sopra d’esse una cupola con copertura rotonda all’apice, con rozzo rilievo a cemento figurante un fregio non certamente cristiano. La grandezza, la cupola, la regolarità dei pilastri e degli archi, tutto ci ricorda un tempio pagano, a cui non mancava il sotterraneo su cui posa, ora riempito di sepolture. Leva il presbiterio e l’aggiunta del 1570 e vedrai sul culmine del colle ai Sadorni il tempio di Saturno.
La chiesa è provvista di tre altari. L’altarino a destra, in legno scolpito, fu donato dalla nobile famiglia “Jenetti de Ambulo et in Ambulo”  e porta lo  stemma gentilizio scolpito sul fregio superiore. Inizialmente era dedicato ai Ss. Fabiano e  Sebastiano ma nel  XVII venne rinominato a S. Martino. La pala raffigura la Madonna in trono col Bambino.
Quello di sinistra, pare più recente, era dedicato a S. Giovanni Battista ma venne chiamato altare del Ss. Rosario nel 1607, (1595 (?) Leonardi)  anno di istituzione della Confraternita omonima. Inama: porta l’immagine della Madonna scolpita in legno nella val Gardena.
Leonardi: Fu il pittore Paolo Naurizio di Borgo Valsugana a dipingere la Madonna con gli angeli ed a illustrare nei 15 tondi la storia di Cristo e della Vergine. Sotto appaiono S. Domenico a sinistra e S. Chiara a destra.
Franch: delle statue è notevole quella dell’Assunta, lavoro di Carlo Pancheri di Gardena.
Vanto della chiesa è il pregevole altare maggiore tardogotico in legno dorato e policromato.Lo scrigno, a portelle  aperte, mostra la Madonna in trono che offre al Bambino un grappolo d’uva, ai lati i vescovi S. Vigilio e S. Ambrogio; sulle antine S. Caterina e S. Barbara con i loro attributi ed entro la predella Cristo benedicente in mezzo agli apostoli. Le portelle esterne sono dipinte con storie della Madonna. Il cimiero, di architettura gotica,  porta fregi intagliati e dorati. Ancora più prezioso il dipinto (che ricorda quello di Baselga di Bresimo ??) posteriore:Gesù risorto in piedi nel sepolcro tra la Vergine e S. Giovanni, sotto il suo capo il sudario della Veronica portato da due angeli. Ai lati sei quadretti, pure dipinti su legno, rappresentanti la vita di Maria e le statue di S. Floriano e S. Giorgio, il tutto sormontato da un baldacchino. (brentari colla data 1570, fra le due Marie)
Gli studiosi, concordi nel valutarne le pregevoli qualità, differiscono sulla data dell’esecuzione. G. Loss è dell’opinione che non fosse contemporaneo all’altare, che porta la data del 1520, “perché sembra un capolavoro del 1300, tanto più prezioso perché nell’infanzia e nella confusione dell’arte: A ciò credere mi spinge il colorito, gli addobbi, la Salutazione Angelica con caratteri dei bassi tempi, e nella visita di S. Elisabetta due bambini che danzano in seno alla madre…”
Il Rasmo invece lo colloca “nell’ambiente bolzanino del primo ventennio del ‘500, dove operavano, a quel tempo, artisti provenienti dalla Germania meridionale (bottega di Giorgio Artzt). Pure don Weber ed il Gorfer lo ascrivono alla scuola bolzanina  e, come l’Inama, lo datano coevo all’altare.
Dopo qualche vicessitudine, statue sostituite e richieste di acquisto, nel 1912 (don Weber  1914 il Leonardi) fu restaurato dal professor Antonio Mayer di Rovereto” il quale collocò ai loro posti i pezzi staccati e rifece i mancanti. I dipinti furono puliti, l’oro vecchio fu rispettato, le dorature nuove accompagnate con velature.”
Nel 1955 un ulteriore restauro, finanziato dalla Giunta Regionale ed effettuato a Trento sotto la direzione dell’Ufficio di Belle Arti.
Vi è pure, nella chiesa, una Via Crucis, benedetta nel 1764, ordinata da don Ioannes Franciscus Francus  (Tovazzi)  che ricorda quelle di Mattia Lampi.
Nella sacrestia è conservato un quadro ad olio di suola lombarda del XVIII secolo con raffigurata la Madonna di Locarno, che fino a qualche anno fa era appeso all’interno della chiesa sopra la porta principale. E’ un ex – voto donato da Giovanni Pietro Genetti  a ringraziamento del felice esito di una brutta avventura. Assalito e rapito da Giacomo Tapparelli di Celentino, al quale aveva rifiutato la mano della figlia, ed il suo complice, fu tenuto prigioniero nei Grigioni  e liberato il mese successivo. Rappresenta la Madonna devozionale del Santuario di Locarno, seduta all’aperto, con il Bambino, il manto policromo “con vari e minutissimi colori” attorniata dagli angeli. E’ purtroppo rovinata la scritta solo in parte leggibile.

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CAMPANILE

 

Brentari  Sul campanile (senza punta) è, tre volte a colori, ed una volta in una lapidetta sopra la porta, la data 1775, epoca del rifacimento.
Franch Il campanile fu rifatto nel 1575, la cuspide vi fu messa nei primi anni del nostro secolo.
Gorfer Il campanile, ad arconi gotici, altissima cuspide e resti di pittura  a fresco, è posto presso il culmine del dosso. Fu fatto (meglio rifatto) nel 1755 dalla Comunità di Dambel (scritta sopra la porta). La data è ripetuta su tutti i quattro lati dell’affusto.
Leonardi Non esiste traccia e neppure memoria del primo campanile. Nel 1537 si pose mano alla costruzione del secondo, in contemporanea con il prolungamento della chiesa: muri dello spessore di cm 80, dimensioni m 3 X 3 e l’altezza non superiore al culmine del tetto attuale della chiesa. Nell’anno 1766 aveva in cella tre campane, ma la struttura muraria minacciava rovina. Si dovette affrontare una terza costruzione, svelta e di solida cupola piramidale, con finestroni ogivali: la base misura m 5X5, lo spessore murario è di m. 1,50, l’altezza complessiva all’apice della boccia con la croce è di m 38.La cuspide venne però danneggiata dal fulmine, nel 1908.
Torelli Il bel campanile guelfo è mozzo dal fulmine.
Weber Il campanile nel 1751 aveva tre campane. Sopra la porta si legge la data 1775 epoca del rifacimento. Di struttura svelta e solida a cupola piramidale e finestroni ogivali. Delle quattro campane che aveva tre furono requisite durante la guerra, ne venne risparmiata una del 1589.

DESCRIZIONE DELL’EDIFICIO E STATO GENERALE DI CONSERVAZIONE

ED IPOTESI GENERALE DI INTERVENTO

 

Di impianto originale non conforme ai canoni dei tipi ricorrenti  in zona, la chiesa si presenta

orientata Nord-Sud quasi a giustificare la congettura storica che vuole la parte anteriore della

navata già esistente in epoca pagana e dedicata al dio Saturno. (dos dei Sadorni).

La costruzione attuale, nonostante la iniziale parvenza di unitarietà,  è in effetti un insieme di

numerose aggiunte e modifiche le quali, seppur livellate dalla patina del tempo, appaiono

evidentissime all’osservatore attento:

la facciata a ripida cuspide, attraverso i suoi segni ci racconta come l’edificio sia stato

sopraelevato mentre la sua evidente asimmetria rimane come unica memoria di un campanile

demolito (o rovinato come vuole la tradizione) a metà del settecento;

un contrafforte  posto a metà del prospetto ovest recante tracce di pittura ad affresco ci

indica qual’era il limite della facciata anteriore della chiesa prima dell’allungamento

cinquecentesco...

Ad una  prima osservazione generale l’edificio chiesa appare in discreto stato di

conservazione per quanto riguarda l’esterno mentre l’interno in, anche in virtù dell’uso

quotidiano appare in buono stato di conservazione.
I problemi che si sono osservati sono essenzialmente di degrado degli intonaci esterni in

particolare sul lato ad ovest mentre tutto il lato ad est è stato intonacato in tempi recenti con

una tecnica ed un materiale totalmente inadeguato all’edificio. In prossimità della facciata si

riscontrano delle fessure simmetriche dovute a cedimenti strutturali. Sul lato ovest, su cui si

trova l’intonaco più antico il degrado è più diffuso ed evidente. Le coperture sono in buono

stato di conservazione.
La parte che presenta più problemi di degrado è la torre campanaria i cui intonaci sono molto

deperiti, e l’interno è completamente fatiscente.


Le fasi di intervento sul complesso saranno le seguenti:

Chiesa esterno: intervento sugli intonaci del lato est per adeguamento estetico; intervento di consolidamento statico e restauro della facciata sud; restauro degli intonaci del lato ad ovest; formazione di drenaggio contro terra per la zona dell’abside.

Chiesa interno: restauro delle parti in pietra (portali lesene pavimento ecc), delle parti in legno (porte) e intervento di deumidificazione del pavimento della sagrestia.

Campanile esterno: restauro completo degli intonaci; consolidamento statico dell’angolo nord-est; opere impiantistiche (parafulmine orologio ecc).

Campanile interno: restauro e rifacimento delle parti lignee degradate di accesso e di sostegno delle campane; rifacimento e messa a norma dell’impianto elettrico.

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STRUTTURE MURARIE

 

CHIESA

 

Facciata principale

Su tutti e due gli angoli della facciata principale si riscontra un panorama

fessurativo caratterizzato da andamenti pseudo-verticali associati ad

andamenti inclinati a 45° presenti sulle facciate laterali in corrispondenza

dello spigolo. Tali fessure indicano con chiarezza la presenza di un

fenomeno di scorrimento sul piano verticale della facciata rispetto al resto

dell’edificio. Una fessura molto evidente, facente parte del sistema relativo

a questo cedimento  è  visibile nella parte di muratura ad est intonacata da

pochi anni. Ciò dimostra che il fenomeno è abbastanza recente.

Dall’osservazione di alcune caratteristiche delle lesioni si evince anche che

il fenomeno probabilmente è ancora in atto.  L’individuazione della causa

di un simile dissesto può essere individuata in una modificazione del

rilevato antropico realizzato in occasione dell’ampliamento cinquecentesco.

(vedi perizia geologica allegata). Dopo le opportune indagini di

monitoraggio che serviranno alla determinazione della fase esecutiva

si opererà un consolidamento fondale attraverso la realizzazione di una

serie di micropali che andranno a collegare l’attuale muratura al substrato

sottostante il rilevato. L’operazione sarà condotta solo dall’esterno e

limitatamente alla facciata meridionale e ad un breve tratto delle due laterali (vedi disegno). I micropali saranno di tipo tradizionale inseriti nel terreno a rotazione e quindi iniettati con il sistema della ripresa di getto che consente la formazione del bulbo in profondità e l’espansione dell’iniettato anche nella fondazione dell’edificio.

     Murature sommitali

La parte sommitale della muratura, nel punto di appoggio del tetto, è disgregata in molti punti a causa di vecchie infiltrazioni, coadiuvate dall'azione meccanica dei basamenti delle capriate.
Per quest'ultimo degrado si propone di intervenire mediante lo smontaggio di tutte le pietre mobili della sommità ed il loro rimontaggio e fissaggio mediante malta di calce al fine di creare un buon piano di appoggio per la banchina del tetto.

     Murature disgregate parete ovest

Sulla parete ovest ed in particolare nella zona in corrispondenza dell’abside si trova una vasta zona dello zoccolo della muratura interessata da una grave disgregazione causata dall’umidità di risalita che in questo punto è particolarmente  intensa per il sommarsi di cause scatenanti il fenomeno quali la presenza del cimitero, l’orientamento e la particolare posizione ribassata rispetto al terreno circostante. Oltre a distacchi d’intonaco che saranno presi in considerazione di seguito si nota l’ammaloramento delle malte leganti le singole pietre del muro con conseguenti crolli. I questa zona della chiesa si propone la realizzazione della canaletta drenante la quale consentirà di staccare nettamente dalle murature il terreno cimiteriale sul lato ovest e quello del piazzale sul lato a nord ovvero nella curva dell’abside. Oltre alla canaletta si procederà alla pulizia degli interstizi fra una pietra e l’altra tramite lavaggio con acqua ad alta pressione ed al rabbocco e successivo rinzaffo  con malta di calce. La canaletta sarà realizzata in calcestruzzo cementizio avendo cura di evitare il contatto di quest’ultimo con la muratura attraverso opportuni accorgimenti tecnologici in fase di costruzione. La copertina sarà in cls e dotata di opportuni sfiati a caditoia in ghisa.
 

 

CAMPANILE
 

Finestra sud

Sulla facciata sud del campanile in corrispondenza del piano terra vi è una finestra a feritoia

murata da un sottile diaframma di pietre e da alcuni strati di intonaco. L’apertura possiede

tutti i suoi elementi costitutivi e non è chiaro perché sia stata murata. La chiusura della

finestra impedisce inoltre il necessario circolo dell’aria dal basso verso l’alto che nella torre

è molto importante per evitare i ristagni di umidità che distruggono le parti lignee. In

occasione del rifacimento generale degli intonaci dello zoccolo che sarà descritto più

avanti si propone il ripristino del foro come in origine attraverso la demolizione del

diaframma in sassi il recupero dell’intonaco originario e, forse, dell’inferriata.

   
Cella campanaria
La parte di muratura della cella campanaria fino alla quota dei parapetti delle aperture

ogivali è molto degradata. Azioni combinate di agenti atmosferici che in questo colle

particolarmente esposto agli elementi sono molto forti hanno portato ad una disgregazione

delle trama muraria successivamente a quella degli intonaci. Come si nota dalle immagini

sono in atto dei veri e propri crolli con particolare intensità del fenomeno in corrispondenza

dei parapetti. Si propone un consolidamento generalizzato eseguito tramite lo smontaggio

di tutti gli elementi pericolanti e la loro ricollocazione tramite malte idrauliche, la realizzazione

dei pezzi mancanti con pietra reperita in una vecchia cava del posto ove probabilmente fu

reperito il materiale per la costruzione della torre alla fine del ‘700.

     
Lesioni
 Sul prospetto est  in corrispondenza dell’orologio si nota una lesione inclinata a 45° circa in parte passante anche all’interno. Tale tipo di cedimento, evidentemente dovuto al rilassamento della muratura in corrispondenza della massima pressione del mastro d’angolo della cella, si manifesta in particolar modo in strutture analoghe prive o povere di chiavi in ferro. Nella nostra torre è presente un unico ordine di chiavi poste appena al di sotto del cornicione della cella le quali non sono evidentemente sufficienti ad assorbire quel tipo di sforzo, così, con il tempo si è manifestata la lesione di cui sopra. Al momento la cosa non è particolarmente grave ma è comunque sintomo di un degrado in atto che con il tempo porterà a manifestazioni molto più evidenti. In occasione del restauro degli intonaci, e quindi della costruzione dei ponteggi, si propone perciò di intervenire mediante la posa in opera di una serie di tiranti interni atti a coadiuvare l’azione delle chiavi esistenti. Sarà realizzata la tirantatura interna della muratura attraverso la foratura e l’inserimento di chiavi in acciaio a scomparsa iniettate con resina epossidica addizionata a leganti cementizi per una opportuna radicolazione nella trama. L’operazione consiste nella realizzazione di fori orizzontali di piccolo diametro (circa 25-30 mm), in cui saranno inserite delle barre di acciaio speciale del diametro di circa 20 mm. Al fine di evitare le antiestetiche piastre di testa esterne od anche interne ( il danno estetico all’intonaco per il loro alloggiamento è grave) si propone l’iniezione dei fori con resina epossidica fino a rifiuto e la successiva tamponatura degli stessi con malta di calce in analogia all’esistente.

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INTONACI

 

PARETE EST E NORD (compreso l’ex-campanile, ora ripostiglio, e la sacrestia)

Tutta la parete è ricoperta da un intonaco con finitura a sbriccio, a base di calce

idraulica e sabbia a granulometria media, con spessore di ca.15/20 mm. e

colorazione grigio-chiara, su cui è stesa una tinta grigio-ocra molto resistente.

Questo intonaco si estendeva anche sulla parete nord della sacrestia e sulle

pareti est e nord dell’abside. Sotto lo strato più esterno è presente un secondo

intonaco a base di calce e sabbia a granulometria medio-grossa, con spessore

di ca.20/30 mm. e caratterizzato da una colorazione rosata. Questo strato è

visibile sulla parete nord della sacrestia e lungo lo zoccolo dell’abside, in seguito

alla caduta dello strato più recente per problemi di umidità. Lo zoccolo, riquadrato

in alto ad altezze variabili e sporgente di ca.3 cm., è finito con intonaco rustico e

dipinto a tonalità più chiara.

STATO DI CONSERVAZIONE
Il degrado degli intonaci è particolarmente evidente sui lati nord e est dell’abside, sul lato

nord della sacrestia e sulla parte inferiore del lato sud dell’abside: presenta un’avanzata

corrosione superficiale, distacchi dal supporto, lesioni e riprese con malte idrauliche.
 
PARETE OVEST
Strato di intonaco cinquecentesco (sulla finestra dell’abside è incisa la data 1577) a base di

calce e sabbia a granulometria grossa, steso a raso sasso con finitura superficiale molto

irregolare e colorazione rosata (gran parte delle pietre sono in luce a causa dello sfaldamento

superficiale delle stesse con la conseguente caduta dell’intonaco sovrapposto). Sull’intonaco

sono visibili tracce di una tinteggiatura bianca a calce che sono molto evidenti sulle zone

protette dalle coperture e sulle sovrapposizioni delle pennellate.
Sullo spigolo dell’abside, in corrispondenza del muro cimiteriale, si vede la sovrapposizione

fra lo strato cinquecentesco e l’intonaco novecentesco.
Una ripresa di malte è leggibile, con andatura orizzontale, a circa 1.50 cm. dal terreno: si

tratta di un intonaco rosato più chiaro del precedente, con spessore di 1 cm. circa e

granulometria medio-grossa.
Lo zoccolo, finito a sbriccio, sporge di circa 10 cm. rispetto alla muratura ed è concluso in alto

da un cordolo in pietra;  più in basso è addossata una seconda zoccolatura,con finitura

superficiale a sbriccio, sporgente 15 cm. rispetto a quella superiore nella parte absidale e in

corrispondenza dei contrafforti, 3 cm. circa sulle pareti della navata.
I fori, visibili su tutto il lato superiore della navata, erano sede delle travi del vecchio tetto.
Tracce di pittura a fresco, visibili sul lato ovest del contrafforte, proseguono all’interno della muratura: si tratta di campiture ocra e morellone illeggibili a causa della corrosione superficiale dovuta al dilavamento e all’intonaco cinquecentesco che in parte le occulta. È ipotizzabile che si tratti di resti della decorazione della facciata e quindi precedenti all’aggiunta della seconda campata. Fenditure da cedimento statico sono evidenti su tutto lo spigolo destro della navata.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Tutta la parte bassa a contatto con il terreno è lesionata per problemi di umidità, gravi mancanze, sia dell’intonaco che del supporto murario, sono particolarmente evidenti sulla parte absidale e sui contrafforti. Distacchi dell’intonaco dal supporto murario sono concentrati in prossimità delle pietre emergenti dalla malta, a causa dello sfaldamento delle stesse, nonché su tutta la parte inferiore. Attacchi biodeteriogeni (muschi e licheni) sono estesi sul cordolo dello zoccolo e nell’angolo fra abside e navata, esposto a nord. Sotto la finestra si notano colature di ruggine provenienti dalle parti metalliche dell’inferriata; altre colature sono visibili a destra della finestra e sotto uno dei fori delle travi del vecchio tetto dovute forse, in questi due ultimi casi, a pietre contenenti inclusioni di minerale ferroso.

 

FACCIATA

L’intonaco della facciata sembra lo stesso riscontrato sulla parete ovest. È steso a raso sasso, quindi con spessore variabile, granulometria grossa e colorazione rosata.
Al vertice della facciata è collocato un mascherone a rilievo in malta dipinta. Un intonaco bianco disegna una croce con cartiglio e la scritta INRI fra il mascherone e la finestra sottostante, e due fasce bianche che delimitano i bordi superiori della facciata seguendo gli spioventi.
La facciata in origine era scialbata, orasi sono conservati solo pochi frammenti, più consistenti sulle zone protette dalle coperture.
Lo zoccolo, aggiunto posteriormente, sporge di circa 3 cm. su un’altezza di m. 1.30; è finito a sbriccio e tinteggiato come la parete sud.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Probabili distacchi dell’intonaco dalla struttura muraria in corrispondenza delle pietre emergenti dalla malta a causa dello sfaldamento delle stesse. Mancanza quasi totale dello strato di scialbo di finitura con corrosione dell’intonachino, evidenti sulle zone più esposte al dilavamento. Problemi di umidità sulla parte  bassa della muratura causati molto probabilmente dalla presenza dello zoccolo costituito da malte cementizie. Fenditure da cedimento statico sono evidenti su entrambe i lati della facciata.
Depositi di polvere e sporco accentuati sulle parti protette dalle coperture.

 

CAMPANILE

Il campanile, staccato dalla chiesa, è situato presso il culmine del dosso. La data 1775, incisa in

una lapide sopra la porta, si riferisce all’epoca del rifacimento.
Lo zoccolo presenta una stratigrafia complessa costituita da numerosi strati sovrapposti:
- supporto murario, costituito da grosse pietre squadrate sugli angoli e malta di allettamento a

base di calce;
- 1°  strato, intonaco a base di calce idrata e sabbia a granulometria grossa con tanti
    “bottaccioli”, spessore variabile e colorazione chiara;
- 2°  strato, intonaco a base di calce idrata e sabbia a granulometria grossa, spessore di
    8/10 mm. e colorazione rosata;
- 3°  strato, intonaco a base di calce e materiale argilloso a granulometria molto sottile,
    spessore variabile e colorazione rosso-ocra. È stato usato per risarcire le lacune
    assieme a frammenti di mattone;
- 4°  strato, intonaco a base di malta cementizia con sabbia a granulometria grossa steso
    a sbriccio, spessore di circa 10/12 mm. e colorazione grigio-cemento.
Le pareti del campanile sono completamente intonacate, comprese le pietre d’angolo, l’intonaco è lo stesso del primo strato dello zoccolo.
Sul lato est si legge inciso sull’intonaco CC17.., la parte finale è mancante per la caduta del supporto. Sullo stesso lato del campanile, in alto, si leggono le tracce del vecchio quadrante dell’orologio e di un dipinto sottostante raffigurante un santo/a. Il vecchio quadrante è quasi interamente coperto dal nuovo, un quadrato bianco leggermente in rilievo rispetto all’intonaco originale, si intravedono tracce bianche della campitura di fondo, ocra rossa e gialla delle decorazioni.
 In entrambe i casi si conservano pochi frammenti di colore quasi completamente illeggibili.
La cella campanaria è decorata da una fascia rossa che delimita gli archi delle aperture, gli angoli da finti conci rossi alternati da una tinta più scura. Sotto il cornicione superiore corre in senso orizzontale una fascia decorativa costituita da una serie di triangolini grigi con al vertice inferiore una goccia rossa.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Il degrado maggiore si rileva sulla parete nord e sulla porzione d’angolo nord-ovest dove l’intonaco è mancante per circa il 50 % e della decorazione non c’è traccia.
Gli altri lati del campanile sono connotati da una forte corrosione dell’intonaco causata dal dilavamento. Le lacune sono concentrate sugli spigoli, sotto il marcapiano, attorno alla feritoia e su tutta la parte bassa dello zoccolo; in quest’ultimo caso per l’umidità di risalita, favorita anche dalla presenza di intonaci non adeguati.
Le macchie di ruggine sono dovute a pietre contenenti inclusioni di minerale ferroso.
 
METODOLOGIA OPERATIVA

Documentazione fotografica delle varie fasi dell’intervento con particolari del degrado in diapositive a colori e bianco/nero.

Prelievi di campioni per analisi chimico-fisiche finalizzate all'accertamento dei materiali originali e di alterazione.

Rilievo grafico-critico delle superfici con trasferimento delle annotazioni tecniche e delle operazioni di restauro  eseguite.

Rimozione meccanica manuale di: a) recenti rinzaffature, malte cementizie ed ammalorate; b) scialbi e tinte incoerenti; c) parti basamentali interessate da umidità di risalita, con accurata pulitura del supporto murario asportando efflorescenze, parti incoerenti, ecc.; c) licheni: se in corso d'opera si evidenziasse la necessità di una pulitura ad impacco si farà ricorso a una soluzione acquosa leggermente basica (preferenzialmente a base di ammonio) e ad un supportante scelto in relazione alle specifiche esigenze (grado di assorbimento della superficie e condizioni ambientali).

Trattamento biocida delle superfici attaccate da biodeteriogeni con prodotto a largo spettro d'azione a base di sali di ammonio quaternario (Benzalconio cloruro o altro in soluzione da determinarsi preventivamente) seguito da abbondante e ripetuto risciacquo delle superfici. Eventuale ulteriore disinfestazione ad azione prolungata mediante applicazione di prodotto denominato Algophase.

Ristabilimento dell’adesione degli intonaci al supporto murario con metodologie differenziate in relazione alle diverse tipologie di distacco. Si farà uso di maltine  adesive debolmente idrauliche a basso contenuto di sali e resine acriliche in dispersione con eventuale aggiunta di cariche.  

Sigillatura delle fessurazioni e stuccatura delle mancanze minori con impasto a base di calce ed inerti selezionati, di colore e granulometria il più possibile simili a quelli dell'intonaco esistente.

Risarcimento delle aree decoesionate, cementizie o mancanti mediante la stesura di un primo strato di corpo eseguito con malta grezza, al quale seguirà lo strato di finitura a base di calce idraulica ed inerti con granulometria e rapporti in volume simili a quelli dell'intonaco originale.

Ripristino dell'unità di lettura cromatica degli intonaci raccordando le aree di reintegro a quelle esistenti, mediante leggera velatura a base di calce e terre colorate, secondo le indicazioni della D.L.

Trattamento degli elementi metallici ossidati (inferriate) mediante “primer” all’acqua con funzione protettiva, previa spazzolatura.

Rimozione dei quadranti moderni dell’orologio e messa in luce di quello più antico mediante azione meccanica con bisturi a lama intercambiabile, o, a percussione con martelline adatte allo scopo.

Pulitura della superficie con impacchi chimico/solvente con Ammonio Carbonato supportato da seppiolite in miscela con la fibra di cellulosa (Arbocell) con tempi di posa da stabilire dopo test preliminari.

Fissaggio della superficie mediante nebulizzazione di Acqua di Calce fino a rifiuto.

Risarcimento delle lacune con un impasto a base di calce e sabbia di fiume lavata, con granulometria a imitazione dell’intonaco originale.

Integrazione pittorica  delle decorazioni mediante velature e abbassamento tonale adeguati delle abrasioni e delle spellature utilizzando pigmenti puri stemperati in caseinato di ammonio.

Per quanto riguarda il quadrante dell’orologio si prevede il ripristino funzionale per cui le integrazioni pittoriche potranno avere un carattere di maggiore visibilità in riferimento all’uso. Il quadrante sud sarà eliminato.

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campaniledettaglioingresso

ELEMENTI LAPIDEI
 

ELEMENTI LAPIDEI ESTERNI

 

Portale
Datazione:   1570
Litotipo:       calcare bianco
 
Il portale, in stile rinascimentale, è costituito da elementi lineari e semplici: zoccolo, pilastri, capitelli decorati a rilievo, architrave. L’architrave reca l’iscrizione: “ANNO DOMINI 1*5*7*0*PAV6”. L’altezza del portale è stata modificata al momento dell’inserimento con l’aggiunta di due parallelepipedi (cm 35 x 35 x 18) dello stesso litotipo alla base dei pilastrini. La soglia è stata recentemente sostituita.
 
STATO DI CONSERVAZIONE.
Il portale è protetto da un tetto in scandole. La superficie è offuscata dai depositi di polveri e particolati atmosferici. Residui di sporco più consistente ed aderente anneriscono l’area inferiore. Il portale è caratterizzato da una leggera colorazione rosacea, giallastra sull’intradosso, stesa uniformemente su tutta la superficie, con vaste abrasioni sulle parti di maggior usura antropica. Sui pilastri e sui capitelli si notano frammenti cromatici rossi. L'originalità dello scialbo è messa in discussione dalla sua presenza sulle mancanze lungo il bordo superiore dell’architrave. Residui di scialbo si riscontrano anche sugli elementi aggiunti allo zoccolo. La pietra non presenta fenomeni dosgregativi.Mancanze di materia sono localizzate lungo il bordo superiore dell’architrave e sulla decorazione a volute dei capitelli. Mancano alcune stuccature negli spazi di giunzione tra i conci.
 

Rosone
Dimensioni:
Litotipo: calcare bianco
 
Il rosone è inserito nella facciata, sopra il portale. La forma è molto semplice, lineare, privo di decorazione. Il foro rotondo è provvisto di reticella metallica. Si rilevano residui della colorazione rosacea.

 

STATO DI CONSERVAZIONE
La superficie è offuscata dai depositi di polveri e particolati atmosferici. L’area inferiore, adiacente al tettuccio in scandole, presenta delle incrostazioni nere costituite da agenti biodeteriogeni (licheni). La colorazione rosacea è molto abrasa per il dilavamento a cui la pietra è sottoposta. Mancano le stuccature tra i conci.
 
Metodologia operativa

Documentazione fotografica dello stato di conservazione, di alcuni momenti dell’intervento e finali con stampe b/n 18x24 e dia 6x6.

Asportazione dei depositi incoerenti con accurata spolveratura eseguita con pennelli morbidi ed aspirapolvere.

Asportazione dei depositi coerenti ed aderenti con sistema chimico, individuato dopo l’esecuzione di opportuni test. L’ipotesi di conservazione della colorazione rosacea sarà decisa con la D.L..

Demolizione delle stuccature inadeguate e sostituzione con un impasto composto da calce idrata, inerti selezionati ed addizionato con un’emulsione acquosa di Primal AC33 al 3%.

 

Finestre

Finestra inserita nella parte ovest della navata.

Litotipo: calcare bianco

 La finestra è esternamente monofora ad arco a tutto sesto, internamente è trifora. E’ munita di inferriata.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
 La superficie è offuscata dai depositi di polveri e particolati atmosferici. Incrostazioni nere, di limitate dimensioni, sparse su grande parte della superficie esterna, indicano la presenza di biodeteriogeni (licheni). Sullo stipite della trifora si rilevano vaste macchie di ruggine. Le stuccature sono mancanti tra i conci degli stipiti, altrove sono grossolanamente stese, debordanti ampiamente sulla pietra. Fenomeni disgregativi si rilevano sull’intonaco del davanzale.
 
Finestra inserita nella parete ovest dell’abside

Litotipo: calcare bianco

La finestra è  in stile gotico, monofora esternamente con arco a tutto sesto, bifora con archi a sesto acuto internamente.
L’estradosso dell’arco è parzialmente delineato con un’incisione nell’intonaco scialbato con calce bianca. Sulla sommità si rileva un’iscrizione eseguita con sanguigna che reca la data: “1577”. Altre iscrizioni indefinite si leggono sugli stipiti.
La finestra è provvista di inferriata.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Offuscamento della superficie per i depositi incoerenti di polveri e particolati atmosferici. Il davanzale è annerito dalle incrostazioni di agenti biodeteriogeni (licheni). Macchie di ruggine. Gravi fenomeni disgregativi si rilevano sulla pietra del davanzale, particolarmente sottoposto ai fenomeni di ristagno di umidità e di gelo. La pietra presenta numerose microlesioni e molteplici mancanze. Le stuccature tra i conci sono state eseguite con materiali eterogenei ed inadeguati: gesso, cemento. Mancano molte stuccature. L’inferriata è arrugginita.
 
Finestra inserita nella parete est dell’abside

Litotipo: calcare bianco

La finestra è esternamente monofora a sesto acuto, internamente è una bifora in stile vagamente moresco. L’estradosso è intonacato. E’ munita di inferriata.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Offuscamento della superficie per deposito incoerente di polveri e particolato atmosferico. Macchie di ruggine. Si rilevano residui di una colorazione rosacea, simile a quella che ricopre il portale. I conci che formano il davanzale sono danneggiati: quello centrale è dissestato, quello dove è inserita l’inferriata presenta mancanze e fessurazioni. Le stuccature tra i conci sono in gran parte mancanti, alcune sono state sostituite con materiali inadeguati come il cemento, steso grossolanamente, coprendo gran parte della pietra. L’inferriata è arrugginita.
 
Finestra inserita nella parete est

Litotipo: calcare bianco

La finestra ha esternamente un arco scemo, all’interno un arco moresco. E’ munita di inferriata.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Offuscamento della superficie per deposito incoerente di polveri e particolato atmosferico. Macchie di ruggine. Si rilevano residui di una colorazione rosacea, simile a quella che ricopre il portale. Gli stipiti sono incrostati da schizzi di malta.Le stuccature tra i conci sono in gran parte mancanti, alcune sono state sostituite con materiali inadeguati. L’inferriata è arrugginita.
 
Finestre della sagrestia inserite nelle pareti est e sud

Litotipo:       calcare bianco

Le finestre sono a forma rettangolare, munite di inferriata.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Offuscamento della superficie per deposito incoerente di polveri e particolato atmosferico. Macchie di ruggine. Incrostazioni di malta invadono i bordi esterni. Si rilevano residui di una colorazione rosacea, simile a quella che ricopre il portale. Le stuccature tra i conci sono in gran parte mancanti, alcune sono state sostituite con materiali inadeguati. L’inferriata è arrugginita.

Portalino

Litotipo:       calcare bianco e rosso.

Il portale è inserito nella parete est della chiesa, ha una forma rettangolare, è lineare, decorato solo da una coppia di mensoline con foglia d’acanto che sorreggono l’architrave. Al centro l’architrave reca il monogramma “IHS” in leggero rilievo. Al momento dell’inserimento il portalino è stato alzato aggiungendo allo zoccolo due conci (cm 22 x 27 x 17).
 
STATO DI CONSERVAZIONE
 La superficie è offuscata dai depositi di polveri e particolati atmosferici. L’interno degli stipiti, non esposto a dilavamento, è notevolmente annerito da uno strato di sporco coerente ed aderente. L’area esposta nella chiesa è ricoperta da numerosi residui di intonaco. Le stuccature sono in parte mancanti, in parte sostituite con materiali inadeguati, stesi in maniera grossolana, debordanti ampiamente sulla superficie lapidea.

 

Cornicione

litotipo:        calcare bianco.

Il cornicione, leggermente sporgente, corona l’abside.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
 La superficie è ingrigita dai depositi di polveri e particolati atmosferici. Si rilevano numerose macchie bianche costituite da calce, residui dello scialbo che ricopre le pareti. Mancano le stuccature tra i vari conci.
 
Copertura zoccolo

litotipo:       calcare bianco, scaglia rossa.

La copertura in pietra è posta a coronamento dello zoccolo perimetrale dell’abside.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Lo stato di conservazione della copertura presenta due aspetti molto diversi:

lungo la parete nord e ovest si rilevano danni maggiori per una maggiore insistenza dell’umidità. La superficie è ricoperta da spesse incrostazioni nere e rossastre costituite da biodeteriogeni (licheni, muschi), la pietra è danneggiata da fenomeni disgregativi, si rilevano fratture, microfessurazioni. Mancano le stuccature tra i conci.

per quel che riguarda la parete est, la situazione è meno grave: la presenza degli agenti biodeteriogeni è limitata ad una zona adiacente il canale di gronda, la pietra non presenta disgregazione. Sulla superficie si rilevano tracce della colorazione rosacea. I conci sono parzialmente ricoperti da malte cementizie, alcuni sono fessurati. Mancano numerose stuccature.


Metodologia operativa

Documentazione fotografica dello stato di conservazione, delle fasi più significative e della fine lavori con stampe b/n 18x24 e dia 6x6.

Operazione preliminare sarà la rimozione dei depositi superficiali incoerenti  mediante accurata spolveratura.

Controllo visivo delle superfici e preconsolidamento delle parti più disgregate, con fissaggio dei frammenti pericolanti e protezione delle superfici con carta giapponese e resina acrilica in soluzione, o risolte mediante consolidamento con iniezioni nei casi di fessurazioni o scagliature.

Applicazione di impacchi di polpa di cellulosa imbevuta di sali basici in soluzione acquosa, con percentuali e tempi di applicazione valutati mediante previe verifiche. Gli impacchi saranno eventualmente ripetuti in corrispondenza di concrezioni e sporchi consistenti o particolarmente coerenti e aderenti, intervenendo meccanicamente con strumenti manuali quali bisturi e spazzole. Eventuale integrazione con microsabbiatura sulle zone particolarmente sporche o coperte da incrostazioni molto tenaci. Rimozione dei residui degli impacchi tramite massaggio con spazzole vegetali, risciacquo con acqua demineralizzata e spugne.

L’asportazione dei biodeteriogeni sarà effettuata con una pulitura accurata, l’applicazione di un biocida (benzalconiocloruro), spazzolatura ed accurati risciacqui.

Rimozione delle stuccature incoerenti ed eseguite con leganti cementizi, con asportazione di polveri. Sostituzione con impasto a base di calce (a basso tenore di sali) ed inerti selezionati addizionata con piccole percentuali di dispersione acrilica  (Primal AC 33).

Al fine di prolungare l’azione disinfestante può essere conveniente ricorrere ad un’ulteriore azione di tipo batteriostatico. A tale scopo risulta funzionale un prodotto denominato Algophase.

Dove necessario sollevamento degli elementi lapidei  dissestati ed adeguata ricollocazione ed incollatura.

Intervento di consolidamento degli elementi fessurati mediante inserimento di perni in acciaio inossidabile AISI 304, incollaggi ed iniezioni con resina epossidica bicomponente con l’ausilio, per confinare le iniezioni, di gomma siliconica e lattice di gomma. Stuccatura con calce ed inerti delle possibili vie di infiltrazione dell’acqua.

Trattamento di protezione superficiale idrorepellente eseguito con un prodotto acrilsiliconico caratterizzato da traspirabilità, trasparenza, inalterabilità del tono cromatico della pietra. 

 

ELEMENTI LAPIDEI INTERNI

portalino della sagrestia,

costoloni dell’abside,

arco santo,

n. 8 peducci,

coppia mensole inserite nell’arco tra le campate,

fonte battesimale.

pavimento

Litotipo: calcare bianco.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
Gli elementi lapidei sono stati oggetto in passato di un intervento di pulitura deleterio, consistito in una sabbiatura condotta in maniera scorretta che ha irrimediabilmente danneggiato la pietra. La superficie è stata gravemente alterata dalla pesante azione abrasiva:

una porzione di materia è stata asportata,

la bocciardatura originale è stata distrutta

sono state procurate molteplici microlesioni.

Nonostante la drastica operazione, vaste aree di pietra hanno mantenuto una miriade di residui nerastri, incrostazioni di sporco e di materiali estranei molto tenaci e resistenti (scialbi di calce, di cemento etc.). I peducci, sfuggiti all’intervento di pulitura, sono ricoperti da scialbi di calce. Il fonte battesimale è stato trattato con un prodotto (consolidante o protettivo?) che ne ha visibilmente alterato le caratteristiche cromatiche e di rifrangenza della luce. Le stuccature sono state eseguite in maniera grossolana utilizzando materiali inadeguati: gesso, cemento.
 
Metodologia operativa

Documentazione fotografica dello stato di conservazione, delle fasi più significative e della fine lavori con stampe b/n 18x24 e dia 6x6.

Operazione preliminare sarà la rimozione dei depositi superficiali incoerenti  mediante accurata spolveratura.

Rimozione dalla superficie di tutte le incrostazioni di sporco e di materiali estranei. Per questa operazione si utilizzeranno sistemi diversi, talvolta in sinergia tra di loro: impacchi a pH leggermente basico (a base di bicarbonato di ammonio in sospensione di polpa di carta) con tempi di applicazione calibrati con opportuni test; mezzi meccanici come bisturi e microscalpelli (incrostazioni di cemento).

Demolizione delle stuccature inadeguate e sostituzione con un impasto a base di calce idraulica a basso contenuto di sali, inerti selezionati ed addizionato con una piccola percentuale di dispersione acrilica (Primal AC33).

 

ELEMENTI LAPIDEI DEL CAMPANILE

 

Porta

Litotipo: calcare bianco e rosato.
 
La porta è un semplice rettangolo lineare. Sopra l’architrave, incastonata nella parete, è collocata una pietra in calcare bianco con un’iscrizione:
“LANNO 1775
LA COMUNNITA DI DAMBEL
FECE FARE LA PRESENTE
FABRICHA MGCDRF”
La soglia della porta è in battuto di calce (somas).
 
STATO DI CONSERVAZIONE

L’esterno della porta, sottoposto a dilavamento, presenta una superficie pulita, al contrario dei lati interni, ricoperti da incrostazioni nere, concentrate soprattutto sull’area superiore. L’architrave è spezzata. Su tutta la superficie sono visibili microfessurazioni e microlesioni. Lungo gli spigoli si rilevano numerose mancanze. Il bordo è parzialmente ricoperto da intonaco. Mancano le stuccature tra i conci.
 

Copertura zoccolo
 Litotipo: calcare bianco.
 

La copertura in pietra è posta a coronamento e protezione dello zoccolo perimetrale.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
La pietra presenta fenomeni di degrado dovuti all’azione degli agenti meteorici ed al ristagno dell’umidità (gelo):

disgregazione superficiale con parziale perdita di materia,

microlesioni e microfessurazioni,

incrostazioni nere e brune da biodeteriogeni,

mancanza del materiale di sutura tra i conci.

Marcapiano e cornicione

Litotipo: scaglia rossa.
 
Il grave degrado che si rileva sul cornicione e sul marcapiano è indotto dalle caratteristiche del litotipo stesso. La scaglia rossa è infatti una pietra che tende a sfaldare, a disgregarsi. I conci presentano infatti vaste e numerose mancanze localizzate soprattutto lungo il lato nord. La pietra è disomogenea, con fessurazioni e lesioni. La superficie è annerita dalle incrostazioni di biodeteriogeni (licheni). Mancano le stuccature tra i vari conci.
 
 
Metodologia operativa

Documentazione fotografica dello stato di conservazione, delle fasi più significative e della fine lavori con stampe b/n 18x24 e dia 6x6.

Operazione preliminare sarà la rimozione dei depositi superficiali incoerenti  mediante accurata spolveratura.

Controllo visivo delle superfici e preconsolidamento delle parti più disgregate, con fissaggio dei frammenti pericolanti e protezione delle superfici con carta giapponese e resina acrilica in soluzione, o risolte mediante consolidamento con iniezioni nei casi di fessurazioni o scagliature.

L’asportazione dei biodeteriogeni sarà effettuata con una pulitura accurata, l’applicazione di un biocida (benzalconiocloruro), spazzolatura ed accurati risciacqui.

Applicazione di impacchi di polpa di cellulosa imbevuta di sali basici in soluzione acquosa, con percentuali e tempi di applicazione valutati mediante previe verifiche. Gli impacchi saranno eventualmente ripetuti in corrispondenza di concrezioni e sporchi consistenti o particolarmente coerenti e aderenti, intervenendo meccanicamente con strumenti manuali quali bisturi e spazzole. Eventuale integrazione con microsabbiatura sulle zone particolarmente sporche o coperte da incrostazioni molto tenaci. Rimozione dei residui degli impacchi tramite massaggio con spazzole vegetali, risciacquo con acqua demineralizzata e spugne.

Rimozione delle stuccature incoerenti ed eseguite con leganti inadeguati, con asportazione di polveri. Sostituzione con impasto a base di calce (a basso tenore di sali) ed inerti selezionati addizionata con piccole percentuali di dispersione acrilica  (Primal AC 33).

Al fine di prolungare l’azione disinfestante può essere conveniente ricorrere ad un’ulteriore azione di tipo batteriostatico. A tale scopo risulta funzionale un prodotto denominato Algophase.

Dove necessario sollevamento degli elementi lapidei  dissestati ed adeguata ricollocazione ed incollatura.

Intervento di consolidamento degli elementi fessurati mediante inserimento di perni in acciaio inossidabile AISI 304, incollaggi ed iniezioni con resina epossidica bicomponente con l’ausilio, per confinare le iniezioni, di gomma siliconica e lattice di gomma. Stuccatura con calce ed inerti delle possibili vie di infiltrazione dell’acqua.

Trattamento di protezione superficiale idrorepellente eseguito con un prodotto acrilsiliconico caratterizzato da traspirabilità, trasparenza, inalterabilità del tono cromatico della pietra. 

DIPINTI MURALI

 

Battesimo di Gesù

UBICAZIONE: dipinto posto all’interno dell’edificio sacro sulla parete Ovest, a sinistra dell’ingresso principale, nella nicchia a pianta semicircolare e concluso da un catino a quarto di sfera in corrispondenza della fonte battesimale.
EPOCA: XX sec.
MISURE : mq 4,50 ca.
 
STATO DI CONSERVAZIONE
 
SUPPORTO:   Intonaco a calce, lisciato, percorso centralmente da un sottile fessurazione per tutta

la sua altezza. Sullo spigolo della nicchia è chiaramente visibile la sovrapposizione delle malte:

quelle delle pareti sono successive a quelle interne della nicchia. L’adesione al supporto murario

è soddisfacente senza distacchi.
 
PELLICOLA PITTORICA:    la pittura è eseguita a tempera, applicata su una base chiara stesa a

pennello. Il disegno preparatorio, visibile nelle figure, è stato tracciato direttamente sull’intonaco,

con una matita, e con la stesura delle campiture cromatiche a pennellate molto sottili. La materia

pittorica si presenta polverulenta, povera di legante. La parte inferiore del dipinto appare molto

danneggiata dalle numerose abrasioni e graffiature superficiali da cui traspare la preparazione. 

Sulla superficie dipinta sono visibili delle gocce che hanno leggermente alterato il colore originale. 

Un leggero deposito di polvere ingrigisce la cromia originale. 
 
Metodologia operativa

Fissaggio preliminare della pellicola pittorica mediante alcool polivinilico in diluizione da stabilire

dopo i test preliminari. Asportazioni delle sostanze incoerenti mediante pulitura a secco utilizzando

spugne wishab di tipo morbido. Integrazione pittorica mediante velature e abbassamento tonale

adeguati delle abrasioni e delle spellature, utilizzando pigmenti puri in polvere stemperati in acqua

e acrilato – metacrilato in emulsione (Primal AC - 33).

Documentazione fotografica da eseguirsi prima durante e dopo il restauro, sia con riprese in b/n 6x6,

stampa b/n 18x24 sia con diapositiva colore 6x6.

Rilievo grafico e mappatura delle operazioni effettuate.

 
Riquadri affrescati

UBICAZIONE: la pittura murale è posta sulla parete Est, in origine visibile dall’esterno e a fianco della

torre campanaria, poi crollata nel XVIII secolo. Attualmente è all’interno dell’angusto locale adibito a

ripostiglio. L’affresco è posto a destra della porta di accesso, a circa 2 metri di altezza da terra.

La decorazione non è centrale ed è delimitata a destra, quasi a filo della pittura, dalla parete

dell’ingresso posta perpendicolarmente, mentre a sinistra vi è una fascia di circa 60-70 cm. di

intonaco originale scialbato cui è sovrapposto l’intonaco di tamponamento che prosegue nella parte

soprastante la decorazione, per circa 70 cm. fino alla copertura del tetto.
La zona inferiore della parete sottostante l’affresco è scialbata con sovrapposizione di spessore di

intonaci posteriori.
 
SOGGETTO: il dipinto murale attualmente visibile è composto da cinque riquadri di varie dimensioni,

consequenziali, delimitati tra loro da fasce colorate. Nel primo riquadro superiore, a sinistra, vi è

rappresentata la figura di un Santo anziano con la barba bianca, che regge un bastone a forma di

stampella, che potrebbe essere S. Antonio Abate. Proseguendo in senso orario vi sono due piccoli

riquadri: in quello superiore s’intravedono tre minuscole figure con le braccia alzate, in quello

inferiore è rappresentata “ la Veronica “. Sottostante, in una nicchia a base rettangolare terminante

con un arco a sesto acuto vi è dipinta “ La Madonna in trono col Bambino”, il quale sembra avere in

mano una mela. L’intradosso presenta una decorazione a finto marmo. Nel riquadro a sinistra della

nicchia e sotto la figura del Santo sono raffigurate due figure in atteggiamento di devozione.
 
EPOCA: sec. XVI
MISURE: intonaco originale: mq 6,20 ca
Intonaco affrescato: mq 5.50 ca
 
STATO DI CONSERVAZIONE
 
SUPPORTO:   intonaco costituito da un impasto di calce e sabbia molto magro, di media granulometria, con spessore di circa 5 mm. Nelle lacune lungo il bordo della nicchia è visibile il rinzaffo in tufo e nell’arriccio i botaccioli. Tutta la superficie è interessata da una sottile crettatura tipica del ritiro delle malte in fasce di asciugatura. L’intonaco appare molto decoeso e abraso dall’azione disgregatrice degli agenti atmosferici. Questo danno potrebbe essersi verificato precedentemente alla costruzione del locale adibito a ripostiglio, quando l’affresco era privo di copertura. Infatti la zona meglio conservata è quella riparata dell’intradosso della nicchia e, nell’interno, la parte superiore. La base dei lati dell’intradosso è mancante della finitura originale per circa 30 cm.. Sopra il riquadro della Veronica l’inserimento successivo di un gancio di ferro portalampada ha comportato una limitata distruzione di intonaco originale. Nella congiunzione della parete portante con quella dell’ingresso il bordo destro appare rotto; a destra i distacchi dal supporto murario sono limitati e circoscritti.
 
 
PITTORICA: PELLICOLA  l’azione distruttiva degli agenti atmosferici ha compromesso la compattezza del film pittorico con l’abrasione e la corrosione della superficie dipinta, la quale appare povera di legante, segnata da moltissime rigature e sgranature del colore, tanto da non poter leggere con chiarezza l’iconografia dell’affresco. E’ visibile il disegno preparatorio della figura della Madonna, eseguito con un ocra gialla, per la perdita della finitura azzurra del manto. Su tutta la superficie vi sono schizzi di malta e di tinta da muro, mentre tutti i bordi sono coperti da scialbo e dall’intonaco di tamponamento, soprattutto in prossimità dell’addossamento della parete perpendicolare.
 
INTONACO ORIGINALE:   esso si presenta scialbato di calce e in parte ricoperto da stesure posteriori di malte.
 
Metodologia operativa

Scoprimento e messa in luce della pittura ad affresco mediante azione meccanica con bisturi a  lama intercambiabile, a percussione con martelline adatta allo scopo ed impacchi con acqua e polpa di legno ammorbidenti.

Consolidamento dei distacchi dalla struttura muraria degli intonaci mediante iniezioni a  pressione controllata di malte idrauliche prive di cementi e  a basso contenuto di sali solubili.

Pulitura della superficie con impacchi chimico/solvente con Ammonio Carbonato supportato da seppiolite in miscela con la fibra di cellulosa (Arbolcel) con tempi di posa da stabilire dopo test preliminari.

Per la decoesione dell’intonaco e  fissaggio della superficie dipinta, stesura mediante nebulizzazione di Acqua di Calce fino a rifiuto.

Risarcimento delle lacune con un impasto a base di calce e sabbia di fiume lavata, con granulometria a imitazione dell’intonaco all’originale.

Stesura di intonaco neutro a base di calce, sabbia e polvere di marmo delle parti mancanti a imitazione dell’originale.

Integrazione pittorica mediante velature e abbassamento tonale adeguati delle abrasioni e delle spellature utilizzando pigmenti puri in polvere stemperati in acqua e acrilato – metacrilato in emulsione (Primal AC - 33).

Documentazione fotografica da eseguirsi prima durante e dopo il restauro, sia con riprese in b/n 6x6, stampa b/n 18x24 sia con diapositiva colore 6x6.

Rilievo grafico e mappatura delle operazioni effettuate. 

affrescobattistero
affrescomagazzino

PARTI LIGNEE

     

Ingresso laterale chiesa
E la porta più usata e quindi la più “sostituita”. Più volte riparata e completata con

serrature di varia foggia essa si presenta del tutto inadeguata al grazioso portalino

cinquecentesco che la inquadra. Si propone la sostituzione con un nuovo serramento

a semplice disegno realizzato con legno di larice sbiancato, spazzolato e trattato con

vernici cerose. La serratura sarà a scomparsa di tipo moderno e maniglie in ferro

battuto a mano.
 
Ingresso principale chiesa
In questo caso la porta si presenta in discrete condizioni funzionali anche se verniciato

più volte con smalto di colore marrone a coprire la struttura in legno  di larice.
Per questo serramento si prevede lo smontaggio, il trasporto in laboratorio,

l’eliminazione della verniciatura con sverniciante e successiva spazzolatura meccanica

leggera  o a mano, il consolidamento delle serrature, il trattamento della superficie con

idrorepellente di natura cerosa previa spazzolatura leggera. Si prevede la sostituzione

della maniglia con una in ferro battuto più adeguata allo stile.

Ingresso campanile
Costruita in legno di larice a traverse presenta segni di degrado superficiale

caratterizzati da polverizzazione delle vernici ed ammaloramenti della parte bassa

causati dallo stillicidio. Si propone la spazzolatura meccanica per l’asportazione dei

residui di vernice e polveri ed  il trattamento con idrorepellenti di natura cerosa.

Ingresso sagrestia
Grazioso serramento in stile barocco realizzato con essenza di noce e “robustamente”

verniciato con trasparente lucido. Fortemente attaccato da insetti xilofagi e deteriorato

da applicazioni successive di serrature. Per questo serramento si prevede lo

smontaggio, il trasporto in laboratorio, l’eliminazione della verniciatura con sverniciante

trattamento antitarlo a base di permetrina e sostituzione con tasselli di uguale essenza

ove il degrado è totale. Riassestamento generale del serramento e trattamento

superficiale a gommalacca.
 
Piani e scale
All’interno del campanile vi sono sette livelli di cui i primi cinque sono accessibili

mediante scale ed il settimo si trova sopra la cella campanaria:
1°,2°,3° e 4°  livello) Sono piani realizzati in tavole poggianti su travature incastrate

nella muratura e collegati fra loro da scale in legno. Le tavole sono molto degradate e

devono essere sostituite mentre le travature e le scale potranno essere, almeno in

parte, recuperate. La larghezza dei singoli vani è limitata da un assito verticale che dal

primo livello arriva fino al quarto. Tale assito è stato messo a protezione del foro che

serviva per lo scorrimento delle zavorre dell’orologio ora in disuso. Per questi piani si

propone lo smontaggio completo degli assiti orizzontali e delle scale, la sostituzione

di qualche trave deteriorato, il rifacimento degli assiti su tutta la superficie interna con tavole di larice dello spessore di cm 4 maschiate e fissate ai supporti mediante viti, la ricollocazione delle scale previa verifica di stabilità ed eventuale riassestamento delle stesse, il rifacimento di quelle rampe di scala che risultassero troppo degradate per il recupero. Tutte le parti saranno trattate con almeno tre mani di impregnante con alta capacità idrorepellente.
5° livello) E’ il piano della cella campanaria costituito da un complesso sistema portante a tre ordini di grosse travi in legno di larice ricoperte da tavole della stessa essenza completamente degradate per marcescenza o fratturate. Per il restauro della travatura si veda l punto successivo D5,3) mentre per quanto riguarda l’assito le operazioni saranno quelle per i livelli 2,3 e 4.
6° livello) Piano di sottotetto realizzato con la stessa tecnica dei piani inferiori ma con le tavole libere e senza scale. E’ un piano usato raramente per servizio al sottotetto ed è difficilmente raggiungibile. Per questo piano si prevede la sostituzione delle tavole degradate con nuove tavole come per i piani inferiori. Inoltre si prevede la posa in opera di una scala a pioli in ferro fissata alla muratura ed il parziale ripristino di un piano intermedio in legno, del quale sono evidenti le tracce, in modo da ridurre la pericolosità di accesso. Quest’ultimo piano sarà anche utilizzato per la manutenzione della parte alta del castello campanario. 

Castello campanario
Il castello campanario porta due date 1792 e 1871 ed è dotato di quattro campane poste su

due livelli. Osservando la struttura si nota che è stata più volte rimaneggiata con aggiunte e

sostituzioni eseguite all’occorrenza. (comprese le sciagurate aggiunte in ferro fatte dagli

elettrificatori di campane sui quali bisognerebbe operare un maggiore controllo in quanto

molto spesso manomettono elementi molto importanti quali ciocchi di campana in legno

pregiato e soprattutto preziosi meccanismi d’orologio....)
La struttura è anomala rispetto a quella di altri campanili simili in quanto presenta una altezza

inconsueta data dalla quota del piano di imposta che non è alla quota della cella ma un piano

sotto. Dal punto di vista strutturale della torre ciò è senz’altro un vantaggio in quanto le

vibrazioni trasmesse dalle campane sono  molto più ridotte.In compenso però si ha una

struttura molto più pesante e complessa.
Lo stato di conservazione è discreto:
-         si notano ammaloramenti delle travi in prossimità delle finestre a causa degli agenti

atmosferici;
-         nella parte basale una delle travi portanti principali è fratturata;
-         molti tiranti in ferro sono allentati e a causa di ciò si è verificato un leggero svergolamento

ed un allentamento generale che provoca oscillazioni molto evidenti del complesso durante il

suono delle campane. A questo inconveniente si è ovviato con un espediente purtroppo molto

comune che consiste nell’apposizione di cunei lignei fra il muro e la struttura con la

conseguenza della trasmissione di carichi concentrati molto pericolosi per la muratura.
Per il castello si prevedono i seguenti interventi:
-         sostituzione di alcune travi (circa10%) danneggiate dagli eventi)
-         sostituzione della trave basale  fratturata con uguale in legno di larice;
-         messa in tensione della struttura attraverso la tesatura dei tiranti in ferro esistenti, la

riparazione di quelli rotti e l’eventuale (anche se improbabile) aggiunta di qualche nuovo tirante eseguito in ferro battuto come quelli esistenti;
-         eliminazione dei cunei;
-         trattamento delle nuove travi con tre mani di protettivo.  

     Finestra nord
Il foro è dotato di una rozza ma necessaria chiusura in tavole di legno molto degradate. Si prevede lo smontaggio di tutte le tavole e la costruzione di una nuova chiusura in legno di larice ad assi verticali applicata ai supporti esistenti. Il legno non  sarà trattato con protettivo.

      Parafulmini
L’impianto parafulmini esistente è stato realizzato non molti anni or sono ma in seguito alle numerose scariche che si sono abbattute sulla torre esso ha subito dei danneggiamenti soprattutto sui supporti della linea aerea. Si propone il totale rifacimento della linea di calata e del dispersore eseguita con cordina in acciaio zincato Ø 12 mm fissata alla muratura mediante supporti dello stesso materiale.

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